Notte di Qualità | Approfondimenti stupefacenti: L’esperienza di un MC, intervista a Danno
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Approfondimenti stupefacenti: L’esperienza di un MC, intervista a Danno

Approfondimenti stupefacenti: L’esperienza di un MC, intervista a Danno

Scrivere Rap, vivere Hip Hop – L’esperienza di un MC

“Né per stile né per fama né denaro, scrivo tutta quanta la mia rabbia pe’ sto mondo”. Colle der Fomento

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Simone Eleuteri in arte Danno, fondatore del gruppo rap Colle der Fomento, storico combo romano nato negli anni ‘90 e protagonista indiscusso dell’hip hop italiano con 4 album all’attivo e diverse pubblicazioni e collaborazioni varie e prestigiose; di recente è uscito per Minimum Fax il libro Colle der Fomento. Solo amore, a cura del giornalista Fabio Piccolino che, insieme allo stesso Danno e all’altro mc del gruppo Massimiliano Masito Piluzzi, ripercorre la carriera quasi trentennale della band ancora in attività che tanto ha influenzato la scena legata alla cultura hip hop. Danno che è anche speaker radiofonico e regista (ha diretto il documentario Diggin’in New York sulle radici della cultura hip hop americana) è protagonista di un capitolo del libro di Antonio Sofia Potere alla Parola (Momo Edizioni) sulla pedagogia hip hop utilizzata negli istituti penali, scuole e associazioni.

Siamo a fine anni ’80 inizio dei ’90, quando la storia del Colle cominciava e anche quella del rap italiano. Te lo saresti mai aspettato che il rap sarebbe arrivato così in alto?
Assolutamente no! Io ho scelto l ‘hip hop proprio perché all’epoca mi sembrava una roba folle, una cosa che andava a sovvertire tutte le regole musicali che conoscevo; a quindici anni ho scoperto lo Scratch e il Rap, vedevo queste persone appartenenti alla prima scena vestirsi in una certa maniera e ascoltare una forma di canto che dalle nostre parti non si era mai vista né sentita. Su di me il rap ha avuto un impatto molto potente, l’ho trovato fin dall’inizio super rivoluzionario e ho voluto subito far parte di quel gruppo di pazzi. Già però a partire dalla metà degli anni ‘90 il rap, che in Italia faceva fatica a crescere, si stava sviluppando tantissimo nel mondo, stavano esplodendo e affermandosi nomi come Eminem, Kanye West, Fifty Cent e quindi qualcosa abbiamo iniziato a intuirlo, diciamo che nonostante la miopia di molti addetti ai lavori, i presupposti per una crescita esponenziale dell’hip hop anche nel nostro paese c’erano tutti.

Parliamo ora dal lato educativo del rap che è un po’ il tema del libro di Sofia; mi interessa molto approfondire uno degli strumenti pedagogici presi in prestito proprio dall’hip hop e che tu citi nell’intervista cioè il cerchio spontaneo detto Cypher che si forma nelle jam di freestyle e che viene utilizzato nelle sessioni laboratoriali dagli operatori. Puoi approfondire questo argomento?
Il Cypher è un elemento importante, nasce alla fine degli anni ‘60 per le strade di New York dove dei predicatori orali neri, i cosiddetti Five Percenter, cercavano di coinvolgere persone con poca educazione e scarsa scolarizzazione formando dei veri e propri cerchi dove ci si confrontava in maniera comunitaria e senza prevaricare, in una sorta di competizione positiva che portasse a migliorare ogni singolo individuo coinvolto. Questo ha anche prodotto in seguito una rottura con l’alienazione di un certo modo di fare rap cioè da soli dentro la propria stanza a produrre basi e rime senza confrontarsi con nessuno; ecco noi del Colle abbiamo sopperito a questa mancanza con il cypher, collocando il dj o il beatboxer al centro del cerchio e gli mc intorno a sfidarsi ricreando così una dimensione collettiva della musica che per noi è fondamentale.

Per quanto riguarda la tua esperienza nelle scuole o nei laboratori quale è il consiglio che ti senti di dare agli operatori che lavorano con il rap?
Una domanda che ho fatto sempre ai ragazzi con cui ho lavorato (adolescenti minorenni) per coinvolgerli sulla storia del rap è se sanno quando è nata e soprattutto da dove viene questa musica nonostante molto spesso l’interesse di questi ragazzi è quello di rappare subito senza sapere l’origine del rap. Credo che ogni generazione trova i suoi linguaggi e sviluppa i propri codici in maniera autonoma senza necessariamente bisogno di un adulto o di un professore. È necessario però per farsi ascoltare trovare un punto di contatto che per me in questi contesti e stato quello di fare musica e rappare insieme, ascoltando le loro rime e cercando di dare consigli come persona portatrice di un’esperienza personale rilevante da cui poter attingere.

Torniamo al rap, mi piace molto la frase di Egreen che tu hai citato nel libro di Sofia e che racchiude per me la vera essenza di questa cultura e cioè: “Il rap non è musica, sono rime e attitudine”, ti andrebbe di commentarla?
È una frase che mi ha molto colpito anche se per anni ho sostenuto il contrario, o meglio mi sono battuto perché al rap venisse data la dignità di musica con la emme maiuscola a tutti gli effetti, venisse data la stessa considerazione del jazz e del blues e non essere considerato un parente minore, ingombrante e un po’ sfigato. Ma qual è la particolarità del rap? L’elemento musicale non è l’unico importante, l’elemento importante ha a che fare con l’attitudine, ha a che fare con il carattere che nel rap si esprime con le barre, con le rime; questa musica ha le sue regole e i suoi codici, il rap ha i suoi miti, i suoi eroi, i suoi protagonisti, le sue storie e le sue caratteristiche particolari: una di queste è il ruotare intorno a rime e attitudine.

Chiudiamo col Colle der Fomento, perché avete deciso di fare questo libro?

Il libro è nato dall’incontro quasi fortuito con Fabio Piccolino, che è il curatore del libro, fuori da un cinema a Roma. Da lì è nata una lunghissima chiacchierata/intervista che ci piacque molto e che abbiamo deciso di pubblicare per raccontare la nostra storia quasi trentennale di tre ragazzi semplicemente innamorati dell’hip hop. Piano piano questa intervista si è trasformata in qualcosa di più corposo con scritti nostri e dei nostri amici come Piotta, Ice One, Kaos, ecc, con l’analisi di tutti i pezzi dei dischi e delle citazioni in esse contenuti track by track, con le foto dell’epoca e i flyer. Ci abbiamo messo 4 anni e 500 pagine.

Danno sarà presente, con Antonio Sofia, giovedì 30 Marzo al centro Java dalle ore 18! Nah miss it!