Notte di Qualità | Extreme, da sperimentazione a sistema complesso: 20 anni di esplorazioni nei mondi della notte
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Extreme, da sperimentazione a sistema complesso: 20 anni di esplorazioni nei mondi della notte

A cura di Stefano Bertoletti e Phan Thi Lan Dai (CAT Cooperativa Sociale)

Extreme è un progetto di riduzione del danno, attivo in Regione Toscana dal 1999, che interviene in festival musicali, rave party, centri sociali, feste private e contesti di divertimento notturno. Il progetto è finanziato dalla Regione Toscana e realizzato da Cat Cooperativa Sociale in collaborazione con CNCA e Cooperativa ARNERA.

Extreme nasce come sperimentazione di Cat Cooperativa Sociale che nel 1995 inizia a occuparsi di interventi sulla notte, conducendo una ricerca sul consumo di ecstasy nel mondo del divertimento nell’area fiorentina (Santi et alt 1996) e avviando in rapida successione una serie di interventi in alcuni locali e discoteche fiorentine, che all’epoca rappresentavano dei punti di riferimento della scena techno-progressive italiana (Bertoletti, Tedici 2003).

Si trattava di contesti totalmente inediti, terreno fertile per le esplorazioni di alcuni operatori di strada che intravedevano il processo di ridefinizione del piacere che quella generazione di giovani stava avviando. Il “distretto del piacere” (Bonomi 1999) avanzava a passo spedito e assumeva quei connotati che permisero di descriverla come un vero e proprio distretto produttivo, costituito da una rete di luoghi e di non luoghi e percorso il sabato sera da un’enorme quantità di persone.

Erano gli anni in cui il Cocoricò ospitava le osservazioni sul campo dell’antropologo George Lapassade e le performances di una compagnia di teatro destinata a diventare una tra le più influenti a livello internazionale, la Sociétas Raffaello Sanzio di Castellucci, che era allora ai suoi esordi. Primo Moroni, scrittore milanese, in quegli anni diceva delle discoteche “Un tempo la socialità e l’identità erano garantite da vari fattori, fra cui, per esempio, l’appartenenza di classe, impensabile in quest’epoca in cui il padroncino va a ballare con il dipendente, ma anche il territorio, la politica, la famiglia. Oggi queste identificazioni sono saltate. C’è una crisi forte nella produzione di identità.(…) L’individuo produce reddito ma percepisce l’assenza di legami sociali e identificazione. La discoteca si inserisce qui: è un luogo di ricerca di socialità estrema anche attraverso stati alterati di coscienza e l’Xtc restituisce quell’intensità formidabile che non hai assicurata proprio perché in nessun luogo si produce più l’identità che l’intensità te la restituiva di suo, senza coadiuvanti di sorta. Da qui la discoteca, come fruizione rapida, violenta ed estrema, come ricerca di sensazioni forti, speculare alla normalità del lavoro. (…) Ed ecco allora che parte il rituale. Si tratta di rituali collettivi.” (Bagozzi  F,1996)

L’esperienza di ricerca di quelli anni costituisce un’opportunità importante per trovare una modalità di intervento possibile, superando spesso le resistenze dei gestori, timorosi di essere disturbati dalla presenza degli operatori. Si costruiscono i primi materiali sui rischi da colpo di calore, si iniziano a conoscere le pasticche circolanti, i relativi modi d’uso e di abuso, i mix più usati e si sperimentano le prime chill out room all’interno dei locali, accolti dai frequentatori con stupore misto a disponibilità, infine si avvia un lavoro di peer education con un gruppo di giovani che frequentano regolarmente questi locali.

A testimonianza del lavoro pionieristico di quegli anni è stato recentemente pubblicato un articolo su un importante giornale locale nei giorni successivi alla morte, al Jaiss di Sovigliana, di una ragazza 19enne di Livorno. L’articolo, pur non avendo l’intenzione di elogiare il valore degli interventi di prevenzione e riduzione dei rischi, ne è comunque testimonianza, in un’operazione che tenta di semplificare e negare le trasformazioni dei contesti, degli stili di consumo e banalmente della società negli ultimi 20 anni, a riprova che forse, ciò che resta realmente immutato, sono proprio le dinamiche che muovono alcuni processi comunicativi dei media mainstream nel trattare la questione delle droghe e delle dipendenze. In questo senso uno degli obiettivi futuri di Extreme e dei progetti che con Extreme lavorano sulla notte, è di potenziare il lavoro sulle narrazioni e sulle rappresentazioni dei nostri interventi, delle teorie sulle quali trovano fondamento, degli scenari e dei fenomeni che incontriamo.

Oggi possiamo dire che dall’esperienze sperimentali citate è nata un’intera filiera di intervento che ha profondamente modificato i saperi e le pratiche delle attività di prevenzione, connettendoli esplicitamente alle politiche della riduzione del danno, alla ricerca sociale (Bagozzi Cippitelli 1993)  e più in generale alle pratiche di mediazione e sicurezza nel sociale, ma anche alle differenti dimensioni della “cura di sé” che, spesso, viene collocata in altre sfere.

I luoghi del loisir notturno, in pochi anni, si sono trasformati, frammentati e moltiplicati, l’uso di sostanze psicotrope è cambiato e continua a trasformarsi velocemente, lo scenario si è via via articolato maggiormente fino ai giorni odierni, in cui non è possibile identificare i grandi locali come luoghi principali dei percorsi di divertimento notturno che seguono i giovani.

Nell’esperienza che Cat Cooperativa Sociale e CNCA Toscano hanno maturato in questi venti anni gli interventi di riduzione dei rischi hanno attraversato diverse evoluzioni, che si rendevano necessarie per stare al passo con gli scenari. Spesso si è trattato di lavorare in contesti in cui il consumo era all’aria aperta, “senza veli” e questo per noi è stato un vantaggio innegabile. Proprio questi, più di altri, ci hanno permesso di comprendere meglio le dinamiche del consumo emergenti e di sperimentare modi di stare, di farsi conoscere e riconoscere come un servizio utile da parte di molti partecipanti e attori del mondo del loisir. Un esempio significativo per la nostra storia, ma anche per una storia più generale dello sviluppo dei contesti di divertimento e di consumo, è rappresentata dai grandi festival musicali estivi.

“Fino a qualche anno prima del 2000, luglio per i ragazzi del bar significava campeggi. Campeggio ad Arezzo Wave, campeggio a Pelago, campeggio al Pistoia Blues, uno dopo l’altro. Una notte brava in tenda a ognuno dei tre festival, tra djambé, acidi e canne a migliaia” (Santoni V, 2008).

In realtà si è assistito alla crescita dei campeggi collegati ad alcuni grandi festival fino al 2005, erano aree che riuscivano a sottrarsi al controllo che abitualmente le istituzioni esercitavano sul territorio. Lì abbiamo potuto osservare fenomeni di consumo altrimenti nascosti e una conferma della tendenza che coinvolgeva trasversalmente molti giovani a cercare e sperimentare droghe diverse, divenute in quei contesti facilmente accessibili. Con l’aumentare dell’affluenza ai festival, le città mal tolleravano la presenza diffusa delle masse di giovani che le invadevano pacificamente per diversi giorni. Le organizzazioni, che subivano diverse pressioni, avevano cominciato a spostare in aree periferiche i campeggi destinati all’ospitalità dei frequentatori, un meccanismo di disciplinamento degli spazi che negli anni avrebbe creato dei ghetti. Si erano creati dei luoghi dove la “festa” rinasceva con un’intenzione liberatoria, nello stile dei rave party, ma che progressivamente era degradata in uno spazio dominato dal mercato delle droghe e, via via, anche dalla presenza di gruppi di spacciatori organizzati, con una dimensione dei consumi molto accelerata, caotica e vertiginosa, spesso fuori controllo.

Per noi è stata una stagione importante per la sperimentazione di modelli d’intervento nuovi, con risposte più articolate, una stagione che poi è terminata con l’imposizione di politiche restrittive e repressive per cui i grandi festival sono emigrati fuori dai confini (Rototom Sunplash) o si sono esauriti cercando identità e sedi diverse (Arezzo Wave) o si sono trasformati radicalmente, orientandosi verso un mercato più adulto e pagante (Pistoia Blues) o semplicemente hanno chiuso, come nel caso del piccolo “On the road” di Pelago (Firenze) . In tutti i casi questi grandi raduni hanno vissuto un declino, da qui in poi si è aperta una fase più incerta, dominata dal timore della repressione e dalla conseguente sommersione del fenomeno, in cui sono nate soprattutto scene più piccole, serate occasionali, “free party” o eventi al limite del legale, in generale più normalizzati rispetto alle origini. 

“Organizzare feste in posti abbandonati era un modo di rendersi indipendenti dagli altri e allo stesso tempo era un atto politico. Tutti avevamo letto “TAZ, Zone Temporaneamente Autonome” di Hakim Bey, una bibbia dell’underground che sosteneva che il modo più efficace di sfuggire al controllo sociale fosse l’appropriazione temporanea di spazi. Inoltre, andare a un rave era un modo di esplorare la città, di vedere periferie post-industriali in cui non saresti mai passato. A dire la verità a volte eri talmente fatto che ti perdevi e ti ritrovavi al luna park, ma avevi comunque la netta sensazione di vivere in una metropoli.” (Pablito El Drito, 2018)

Anche nel caso dei rave party si sono notate delle differenze importanti nell’ultimo decennio, in Toscana ad esempio negli ultimi anni si è osservata una ripresa delle feste, dopo alcuni anni di assenza. Si tratta di eventi generalmente più piccoli, che continuano ad attrarre molti giovani e giovanissimi. L’impressione è quella di un cambiamento in corso nella tipologia di frequentatori, che sembrano meno legati alla cultura dei “free party” degli anni 90 e allo stile di vita complessivo della generazione che li ha diffusi in tutta Europa. Ad esempio si osservano meno furgoni e più frequentatori “leggeri” che viaggiano con la tenda, l’impronta ideale ispirata alle TAZ di Hakim Bey sembra quasi scomparsa e spesso nella percezione dei nuovi frequentatori la differenza tra eventi legali o illegali appare più sfumata e la direzione pare essere quella della “normalizzazione”, per cui anche la frequentazione dei contesti di festa più estremi rientra nelle esperienze normali che fanno moltissimi giovani.

Gli spazi intermedi: Centro Java e U.A.N.

In questi anni di intervento sul campo ci si è resi conto che c’era la necessità di sviluppare altri luoghi, oltre i contesti di consumo, dove poter fare un lavoro di contatto e di approfondimento con i ragazzi che incontravamo, emergevano infatti domande di aiuto psicologico, ma anche di informazione o di stimolo culturale. L’idea di un centro che fosse sia Infopoint accessibile nei giorni della settimana che uno spazio per fare attività culturali e sociali di vario tipo deriva dagli info-shop scozzesi, dei quali abbiamo seguito l’impronta. Il Centro Java apre nel 2000 con finanziamenti del Comune di Firenze e rappresenta una realtà significativa nel panorama dei servizi intermedi rivolti alla popolazione che consuma sostanze (Bertoletti S, Tinti B, Gamberale F 2013), prevalentemente sul territorio fiorentino, ma anche regionale, grazie alla continuità con gli interventi di Extreme e di altri progetti regionali sul divertimento notturno, come Notte di Qualità.

Il centro, che ha un’utenza significativa, offre la possibilità di sviluppare un lavoro di approfondimento successivo ai primi contatti nei luoghi di consumo, attraverso una presa in carico leggera che si concretizza nelle “consulenze psicologiche” e nelle altre attività rappresentate da corsi e gruppi tematici. In questo senso il centro si propone ancora di più come un compendio delle offerte disponibili sul territorio erogate dal sistema dei servizi pubblici e le integra concretamente.

Un ulteriore aspetto da segnalare riguarda il legame del Java con il territorio circostante del centro cittadino e la sua funzione per le politiche di intervento sulla notte ed in particolare per quelle che riguardano l’intervento sugli scenari di “movida”: attraverso la sua proiezione notturna UAN, (Urban After Night) costituisce una sperimentazione interessante rispetto ai modelli di intervento disponibili. Il centro apre nei week end dall’1 alle 6 del mattino, come uno spazio “chill out cafè”, ambiente accogliente dove è possibile sostare per riprendersi dopo la serata tra locali e piazze, dove è possibile misurare il tasso alcolico e aspettare prima di mettersi alla guida di un veicolo, avere una colazione e ricevere attenzione da un operatore. Con l’ultima integrazione operativa legata al progetto regionale Notte di Qualità, diventa un punto di riferimento più generale e continuativo, con la possibilità di fare un lavoro direttamente sulle aggregazioni delle piazze della città notturna quindi sui problemi legati all’abuso di alcool, al contenimento del rumore, alla pulizia degli spazi e in generale al contenimento dei comportamenti considerati all’origine del “degrado” associato alla movida.

Notte di Qualità: nuovi contesti e nuovi dispositivi

Extreme ha attraversato tre fasi principali: la prima copre i quasi sei anni in cui si è occupato per lo più dell’intervento in grandi eventi costituiti che esaurivano i pochi finanziamenti disponibili; la seconda interessa gli ultimi anni quando, data la progressiva frammentazione dei contesti di aggregazione e di divertimento, il progetto ha riguardato interventi in situazioni diverse tra loro: oltre ai festival e ai rave si è arrivati a piccole feste, tipo free party, eventi all’interno di centri sociali, interventi in grandi discoteche e aree pubbliche fino alle feste private. Si può oggi parlare di terza fase in cui il progetto si trova coinvolto anche nella sperimentazione di interventi in contesti urbani caratterizzati dal fenomeno definito come “movida”.

All’oggi possiamo dire che Notte di Qualità ha contribuito a rendere i servizi e i progetti che lavorano sul loisir notturno e sulla prevenzione e riduzione del danno “un sistema complesso e dialogante”, in forte connessione con le istituzioni e il tessuto urbano, arricchendolo di nuovi punti di osservazione sui fenomeni urbani, di nuovi dispositivi e di un approccio alla comunicazione sociale riconoscibile. Nel corso del 2019 abbiamo formalizzato l’esistenza del Network Regionale Notte di Qualità, mettendo in rete le amministrazioni che hanno collaborato con il progetto al fine di condividere strategie, obiettivi e strumenti a partire dalle Raccomandazioni per un divertimento notturno che possa garantire la salute, la sicurezza e la qualità per tutta la cittadinanza. “Pit Stop- percorsi per una notte sicura”, ha promosso la costruzione di una rete di locali e festival attraverso il “Manifesto per le Buone Prassi” che impegna i locali ad adottare misure volte alla safety dei frequentatori, riconoscendone e rendendone visibile il lavoro intrapreso. Tra i dispositivi innovativi includiamo la Mediazione Artistica che, partendo dalle suggestioni offerte da un progetto francese, ha sviluppato un intervento che si situa all’interno delle metodologie del lavoro di strada di riduzione dei rischi e della ricerca performativa-teatrale. Le tematiche trattate sono le principali criticità legate alla movida, lavorando su un piano di immaginario più che didascalico, sul contenimento del rumore si è indagato su ciò che genera il silenzio: la bellezza, lo stupore, la sorpresa, lo spaesamento piuttosto che su gesti che invitassero al silenzio. Come parte del sistema di interventi sulla notte includiamo l’ “Operatore di corridoio”, che ci porta dentro i DEA di alcuni ospedali, nel fine settimana, per lavorare in rete con il personale sanitario sugli accessi legati all’abuso di sostanze legali e illegali. Ciò che restituisce la complementarietà e l’integrazione di questi progetti è l’approccio alla comunicazione, che negli ultimi cinque anni è andato nella direzione dell’identificazione di uno stile grafico e linguistico coerente e riconoscibile, un aspetto innovativo dentro la nostra organizzazione e in via di sviluppo nel mondo del sociale, che ci chiama a una riflessione collettiva e diffusa, che auspichiamo diventi una priorità all’interno delle nostre reti e organizzazioni.

Riferimenti Bibliografici

Bagozzi F. (1996), Generazione in Ecstasy. Droghe, miti e musica della generazione techno, Edizioni Gruppo Abele, Torino

Bagozzi F., Cippitelli C. (a cura di) (2003), Giovani e nuove droghe: sei città a confronto, Angeli, Milano.

Bertoletti S, Tedici M, Il gruppo dei pari nel progetto “liquidiamoci dall’ecstasy” Cooperativa CAT –ASL 11 EmpoliA cura ; in : AA.VV – Peer Education: nuovi stili di consumo nuove strategie di intervento – EGA (edizioni Gruppo Abele) 2003 Torino

Bertoletti S. (2009) Dal progetto Social Entertainment Service all’agenzia Switch: una proposta d’innovazione nelle pratiche di lavoro con le realtà giovanili sul territorio toscano,  in  Meringolo, Bertoletti S. Cippitelli C. (2003), “Future. Segmentazione del loisir, specializzazioni degli interventi”, in Bagozzi F., Cippitelli C. (a cura di), 2003

Bertoletti S., Meringolo P. (2010), Viaggio fra i giovani consumatori invisibili di cocaina, in Zuffa G. (a cura di), Cocaina, il consumo controllato cit.

Bertoletti  S, Gamberale  F, (2011 )Per una prevenzione multidimensionale: il  progetto Extreme , in Bertoletti, S., Meringolo, P., Stagnitta, M., & Zuffa, G. Terre di confine. Soggetti, modelli, esperienze dei servizi a bassa soglia. Milano: Edizione Unicopli (2011).

Bertoletti, S.1, Tinti, B.2, Gamberale, F , JAVA-UAN-EXTREME (JUE): a comprehensive risk reduction system of interventions in the Florence “night entertainment  scene” ,  paper presentato a NEWIP 2013 –

Bonomi Aldo (1999), Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri

Cippitelli C. (1999), “Mai prima di mezzanotte”, in Castelli V. Pacoda P., Se mi tingo i capelli di verde è perché ne ho voglia, Castelvecchi, Roma

Bey H. (1993), TAZ zone temporaneamente autonome, Shake edizioni underground, Milano.

Santoni V.(2008), Gli interessi in comune, Feltrinelli, Milano

Zuffa G. (2000), I drogati e gli altri. Le politiche di riduzione del danno, Sellerio, Palermo

Zuffa G. (a cura di) (2010), Cocaina, il consumo controllato, Edizioni Gruppo Abele, Torino